Osvaldo Cavandoli

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LA LINEA DI CAVANDOLI 

Per definizione è infinita. Dunque l’omino non può accettare che una retta si interrompa senza motivo. È uno spregio alle leggi della geometria. Ma soprattutto è una rottura di scatole. Perché l’omino è rissoso e irascibile, un po’ come il suo collega Popeye, al quale lo accomunano l’astruso slang masticato. Ma c’è di più. La linea che si arresta ai suoi piedi non è una semplice linea, ma è tutt’uno con l’omino. Sfondo nero, linea bianca: l’universo si semplifica in questo binomio. Dunque l’omino è la Linea e la Linea è l’omino, ed entrambi sono tutto il mondo. Cosa c’è al di là di quella riga spezzata? Forse un baratro, il nulla, la morte. Sicuramente la fine del cartone animato. E siccome l’omino non può accettare l’idea della morte, si volta sbraitante verso l’angolo in alto a destra del quadro, indicando veemente il problema. Ed ecco che da quell’angolo si materializza un essere incredibile: una mano, che sortisce misericordiosa da un fuoricampo insondabile, e con l’attributo che è parte integrante del suo essere divino (una matita), viene a colmare lo iato, creando un tratto di strada, una bella ragazza, una porta, una scala, un tesoro, una motocicletta. Il necessario perché l’avventura possa continuare, e l’omino (almeno per altri dieci secondi) non possa sbraitare di nuovo. 

linea-cavandoli.jpgPer più di quarant’anni la Linea è andata avanti per la sua strada. Fino al 3 marzo 2007, quando il genio che l’ha creata, OSVALDO CAVANDOLI in arte “Cava”, ci ha lasciati per sempre. Cava era nato a Maderno del Garda nel 1920. Nel ’38 inizia a lavorare all’Alfa Romeo come disegnatore meccanico. Nel ‘42 entra nello studio dei fratelli Pagot per la realizzazione de I fratelli Dinamite, primo lungometraggio animato italiano. Negli anni ’50 apre lo studio Pupilandia, creando film pubblicitari e pupazzi animati come Lancillotto e la Mucca Carolina. Cerca di realizzare un Pinocchio, ma il progetto non va a termine. La Linea nasce nel ’64. Un miracolo, irripetibile accordo tra l’essenzialità del disegno tecnico e la purezza dell’arte concettuale. Nel ‘69 Emilio Lagostina, non a caso collezionista d’arte, la sceglie per pubblicizzare le sue pentole a pressione. A dargli voce è l’attore Giancarlo Bonomi, in una bizzarra parlata lombarda che esprime alla perfezione paura e desiderio, curiosità e irritazione. La Linea diviene presto una delle icone più amate di Carosello, segnando per sempre la carriera del suo autore (anche se tantissime saranno le creature da lui ideate). Nel ‘77, con la fine di Carosello, Cava trasforma gli spot in un centinaio di corti che riscuotono grande successo in tutto il mondo. Ma in Italia, l’inestinguibile connubio Linea-Lagostina tarpa curiosamente le ali al personaggio, che trova sporadica diffusione (anche se nel 1997 riapparirà nella sigla di “Pinocchio” di Gad Lerner).

Come un bassorilievo sumero, la Linea non ha dimensioni; come un dipinto egizio, appare sempre di profilo; come nel design industriale, è fatta di un solo tratto; come Vil Coyote di Chuck Jones, è astratta e infinitamente replicabile. Ma nello stesso tempo la Linea è contemporanea dei barattoli Campbell di Warhol, dei tagli di Fontana, dei graffiti di Capogrossi. Un capolavoro postmoderno che ha esercitato un’influenza diretta e indiretta su tutta l’animazione contemporanea. E quando in “Leviathan” di Peter Blegvad (tra i più straordinari fumetti degli ultimi anni) il piccolo protagonista discute animatamente con la mano che sta creando gli assurdi scenari della sua culla, ci rendiamo conto che l’infinita linea del vecchio Cava è passata anche per di lì.

dantealbanesi “La Linea dell’Occhio” n.57    

  1. Cavandoli si sarebbe fatto delle gran risate nel leggere queste tortuosità intellettuali per una creazione che non aveva altro scopo che divertire senza alcun significato recondito.
    Arrivederci caro Osvaldo, prima o poi torneremo a ridere insieme.

    • “Divertire” è una delle azioni più complesse della psiche umana, ed è straordinariamente densa di significati, sia manifesti che reconditi.
      Il divertimento ha sempre “altri scopi”, non è mai un’azione fine a se stessa, anche se il Potere di ogni epoca ha spesso tentato di svilirlo in ogni modo.

      L’artista, dopo aver creato l’opera, è liberissimo di ridere delle interpretazioni che ne vengono fornite, ma ciò non impedisce certo al critico di cercare nuovi significati e letture. Tutto questo si chiama Cultura.
      E se la Mucca Carolina e Vilcoyote vengono presi per tortuosità intellettuali, vuol dire che siamo un po’ indietro negli studi.

      Credo che in questo momento Cavandoli stia ridendo di te.

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